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25 Ottobre World Pasta Day: la giornata mondiale dedicata alla pasta

Il World Pasta Day compie 25 anni. Un evento che di anno in anno si tramanda dal 1998 per celebrare questo ingrediente magico, la pasta.
Secondo i dati elaborati da Unione Italiana Food e IPO - International Pasta Organisation, la produzione mondiale oggi sfiora i 17 milioni di tonnellate (+1,8% sul 2021), raddoppiando quasi i 9 milioni del 1998.
Un dato che rimane invece costante è l’Italia prima al mondo nella classifica dei Paesi produttori, con un fatturato che sfiora i 7 miliardi di euro (+24,3% sul 2021).
L’Italia è anche il Paese che ne mangia di più (con 23kg pro-capite all’anno): il 25% della pasta consumata nel mondo e il 75% consumata in Europa sono prodotti da un pastificio italiano.
I dati sono chiari: la pasta, in particolare quella italiana, piace proprio a tutti, e grazie alla maggior consapevolezza che accompagna i consumatori, le aziende sono spinte a migliorarsi seguendo nuove tendenze che guardano anche al sostenibile con piccoli gesti che possano migliorare non solo la qualità della pasta, ma anche la produzione.
In occasione della 25esima edizione del World Pasta Day (che si festeggia il 25 ottobre), noi di Mulinio.it vogliamo presentarvi alcune delle aziende che fanno parte del nostro progetto volto a valorizzare la pasta italiana.

 

Pasta: l'alimento più amato sulle nostre tavole

La pasta è l’alimento italiano più amato, un pilastro della dieta Mediterranea, riconosciuta come Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dall'Unesco a cui non si poteva non dedicare una giornata mondiale.
Il 99% degli italiani mangia pasta almeno una volta a settimana, mentre 1 italiano su 2 la porta in tavola ogni giorno. Le statistiche prevedono che in futuro questa tendenza aumenterà, sia in Italia che all’estero.
Dal pasto quotidiano fino alle preparazioni gourmet, la pasta è forse l’alimento più versatile, amato e familiare presente sulle nostre tavole.

 

Tra presente e futuro

Oggi la pasta è un alimento simbolo della dieta mediterranea, conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo grazie alla sua versatilità, che ne facilita l’abbinamento con gli ingredienti tipici delle varie tradizioni nazionali e regionali. Un prodotto semplice, ma che riesce a conciliare un insieme di caratteristiche come nessun altro alimento: qualità nutritive, conservabilità, estrema versatilità d’uso, di preparazione, economicità e genuinità.
La sintesi perfetta tra salute e gusto.
La pasta rappresenta il cibo “buono” per eccellenza, in grado di soddisfare tutti i palati nelle sue infinite combinazioni di sapore.

 

Perniola: la pasta green ed etica

Vi presentiamo l’azienda Perniola Alimenti nata nel 2012 dal desiderio di produrre prodotti alimentari artigianali, biologici e a filiera corta al fine di ri-delineare, in modo innovativo ed etico, i rapporti con tutti coloro che sono coinvolti nella produzione. Per conoscerla meglio dobbiamo entrare nel dettaglio, seguiteci!
Il lavoro di Perniola Alimenti comincia con la coltivazione di cereali antichi e autoctoni da agricoltura biologica e biosinergica e prosegue con la realizzazione di pasta e prodotti da forno con farine e semole molite di fresco in fresco a pietra e solo con ingredienti locali e genuini, senza l’aggiunta di additivi, coloranti e conservanti. La filiera 100% rintracciabile e biologica.
Per scoprire i loro prodotti genuini e gustosi, clicca qui.

 

Pastificio Ducato Amalfi: “La pasta è donna. Proprio come noi.”

Dietro questo progetto ci sono Chiara, Tullia, Anna, Antonella, e Daniela, cinque donne, anime affini che condividono un amore profondo per le loro radici campane.
I principi cardine della loro pasta Ducato D’Amalfi?
Materie prime di eccellenza, con semola di grano duro 100% italiano, e un rispetto assoluto per il disciplinare di produzione della Pasta di Gragnano IGP.
La produzione e l'incarto della pasta avvengono all'interno del territorio di Gragnano, seguendo metodi consolidati e rispettando le condizioni per ottenere la marchiatura di identità geografica protetta.
Determinazione, amore per le materie prime e per il prodotto finito, sono ingredienti che fanno di Pastificio Ducato Amalfi un brand d’eccellenza per la pasta.
Scopri subito i loro prodotti.

 

Casa Milo: dal 1870 Quattro Generazioni, un Destino

L'azienda da ben quattro generazioni è tra gli ambasciatori di Puglia nel settore food.
Qualità che si esprime anche nella ricercatezza delle materie prime, elementi imprescindibili per ottenere un prodotto finale straordinario. Questa loro filosofia si materializza attraverso il patto stretto con Coldiretti per creare un prodotto interamente pugliese realizzato con grani duri selezionati, nel pieno rispetto della terra e di chi la coltiva.
È il proprio il caso di dirlo: Casa Milo è il connubio perfetto tra tradizione, innovazione, sostenibilità e affidabilità.
Tutti valori perfettamente riconducibili alla loro pasta genuina e creativa.

 

Non solo pasta!

Su Mulinio.it troverai solo qualità italiana, pasta e farine dei migliori brand artigianali selezionati accuratamente per valori e prodotti.
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La verità sulla pasta di farro

Si sente sempre più spesso parlare di “pasta alternativa”, ovvero di paste speciali, composte ad esempio con farina di riso, di legumi o di farro. In modo particolare, la pasta di farro ultimamente è entrata a far parte della dieta degli italiani come nuova abitudine alimentare. Gli studiosi, inoltre, hanno affermato come il farro sia un cereale che apporta diversi benefici. Qual è il segreto del suo successo?

 

Che cos’è il farro?

Il termine “farro” è abitualmente utilizzato per indicare in realtà tre specie di frumento triticum: il farro piccolo o farro monococco, triticum monoccocum; il farro medio o farro dicocco, triticum dicoccum; il farro grande o farro spelta, triticum spelta. 

Il farro monococco è ritenuto il primo cereale addomesticato, la sua pianta è considerata di taglia media e presenta foglie sottili, spighe e chicchi piccoli rispetto ad altre specie di farro. Presenta un basso contenuto di glutine, un alto contenuto di grassi, fosforo, potassio e, poiché di costituzione genetica semplice, risulta altamente digeribile. 

Il farro dicocco è la tipologia di farro più diffusa e coltivata, in quanto la più produttiva, e può crescere su terreni poveri di elementi nutritivi. La pianta risulta robusta, resistente al freddo, agli agenti infestanti e alle malattie. Contiene un basso contenuto di glutine e risulta anch’esso altamente digeribile, poiché il suo genoma originario non è mai stato modificato, a differenza del grano.

Il farro spelta, invece, è la specie che si avvicina di più al grano tenero ed è la più recente nell’evoluzione dei frumenti. Deriva dall’incrocio tra il farro dicocco e una specie di graminacea selvatica. La pianta si sviluppa su terreni soleggiati e anche privi di elementi nutritivi, mentre la sua spiga risulta lunga e sottile. 

Per essere consumato, il farro subisce un processo di lavorazione che si sviluppa in tre fasi: dev’essere innanzitutto decorticato, per svestirlo della copertura più esterna, poi perlato, per renderlo più chiaro e ridurre le fibre, e infine macinato per trasformarlo in farina.

 

100% benessere

Sebbene presente in quantità ridotte, la pasta di farro contiene glutine: non risulta, quindi, un alimento adatto alla dieta senza glutine che adottano i celiaci o gli intolleranti al glutine. Tuttavia, il glutine presente nel farro risulta più digeribile del glutine presente nel grano duro. Una delle teorie più accreditate sul motivo di tale differenza, è quella che afferma come il grano sia stato modificato nel corso del tempo e, tali modifiche, abbiano reso poco digeribile il cereale, fino a provocare tensione e gonfiore addominale: crampi addominali, gonfiore e sindrome dell’intestino irritabile spesso si presentano a causa della presenza dei fruttosani, un componente facente parte della famiglia degli zuccheri degli oligosaccaridi.

Rispetto al grano tenero, il farro contiene più proteine, vitamine tra cui vitamina A, tiamina B1, riboflavina B2, niacina B3, e sali minerali quali ferro, fosforo, magnesio e potassio.

In aggiunta, il farro contiene un basso indice glicemico, caratteristica importante per le persone che soffrono di diabete, e rappresenta un’ottima fonte di fibre, le quali facilitano la motilità dell’intestino e forniscono rapidamente senso di sazietà. 

Sotto il profilo del sapore, invece, la pasta di farro non risulta troppo distante dal sapore della pasta “normale”, se non per un leggero sapore nocciolato che la rende meno stucchevole.

 



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Gusto e salute: la pasta integrale

La pasta integrale è entrata a far parte delle dispense di molti italiani poiché rappresenta il perfetto compromesso di chi non vuole rinunciare al gusto della pasta, ma vorrebbe prestare attenzione alla propria salute. Questo perché anche un consumo minimo, ma costante di pasta integrale può apportare benefici. 

 

Come si ottiene la pasta integrale?

La definizione “integrale” non si riferisce solo alla pasta integrale di grano duro, la più conosciuta e consumata, ma esistono anche le paste integrali di orzo, mais, avena, farro e di altri cereali. Questo perché il termine “integraledefinisce il processo di lavorazione che conserva tutte le parti dei chicchi dei cereali. La pasta integrale di grano duro, quindi, è il risultato della lavorazione di un impasto di acqua e semola integrale di grano duro, ovvero semola non sottoposta ai processi di raffinazione abitualmente impiegati per la produzione di farina bianca e semola di grano duro. Tutte le componenti del chicco (crusca, endosperma e germe) sono conservate e lavorate insieme al loro rivestimento esterno, mentre nella lavorazione della semola di grano duro viene conservata solo la parte ricca di carboidrati, l’endosperma. Secondo la legislazione italiana (DPR 187/2001), le differenze tra semola di grano duro e semola integrale di grano duro risiedono nel range di quantità di ceneri concesse poiché risulta più ampio nel caso della semola integrale, nella quantità di acidità concessa che può raggiungere il 50% in più rispetto la semola di grano duro e nel minore apporto proteico: la pasta integrale di grano duro infatti contiene circa 30 calorie in meno per ogni 100 grammi rispetto la pasta bianca. 

 

Come riconoscere il vero integrale

Poiché un prodotto può esser detto “integrale” se non ha attraversato un processo di raffinazione e quindi ha conservato crusca e germe del cereale, bisogna prestare attenzione ai prodotti venduti come “integrali” ma che in realtà non lo sono: possono, infatti, presentare un’ aggiunta di crusca o cruschello che porta in equilibrio il livello di ceneri consentite nel prodotto finale. Semplicemente con l’aggiunta di questi, per la legge italiana, il prodotto è vendibile sotto la dicitura di prodotto integrale. Dunque, come riconoscere il vero integrale? Bisogna leggere attentamente l’etichetta e trovare tra gli ingredienti la dicitura di “farina integrale” in quantità di almeno oltre il 50%. Infatti, nel caso di un prodotto “finto” integrale nell’etichetta saranno presenti la crusca o il cruschello e una farina bianca, quindi raffinata. Da un punto di vista organolettico, inoltre, la farina integrale si presenta di un marroncino scuro, non di un colore chiaro. È importante, quindi, consumare prodotti realmente integrali se si vuole trarre giovamento delle proprietà benefiche dell’integrale. 

 

Proprietà e benefici della pasta integrale

Come anticipato precedentemente, la pasta integrale presenta un indice glicemico più basso rispetto alla pasta bianca, risultando quindi adatta ai diabetici e alle persone che seguono una dieta dimagrante. Grazie alla quantità elevata di fibre presenti, il consumo di pasta integrale favorisce il transito intestinale e dona un senso di sazietà maggiore. Inoltre, la crusca e il germe del chicco contengono importanti vitamine del gruppo B (come la B1, la B2 e la B3) che aiutano il nostro sistema cardiovascolare, la vitamina E e i polifenoli che con le loro proprietà antiossidanti prevengono l’invecchiamento cellulare precoce. 


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Alla scoperta del grano saraceno

Nonostante il nome, il grano saraceno non è un grano né un cereale: si tratta di una pianta erbacea facente parte della famiglia delle poligonacee e si può annoverare tra gli pseudocereali (come la quinoa) in quanto presenta delle caratteristiche nutrizionali simili ai cereali come il frumento, l’orzo o il farro. I suoi semi sono triangolari, molto diversi dai chicchi del grano, ma dopo la loro macinazione la farina che si ottiene assume una particolare somiglianza con la farina di frumento. È possibile, quindi, produrre pasta dalla macinazione del grano saraceno: scopriamo quindi le proprietà nutrizionali e i benefici della pasta fatta di grano saraceno. 

 

Un super nutriente

Il seme del grano saraceno è composto principalmente da amido e risulta facilmente digeribile. Essendo una pianta, è ricco di fibre ma anche proteine, ed è ricco di sali minerali tra cui ferro, fosforo, magnesio e manganese, ideali per contrastare il gonfiore addominale. È naturalmente privo di glutine: può far parte della dieta dei celiaci e delle persone intolleranti al glutine, insieme a riso, mais e miglio. La pasta di grano saraceno presenta un basso indice glicemico, ideale per i diabetici poiché aiuterebbe a regolare i livelli di glicemia. È anche fonte di vitamine B1, B3 e K. Il grano saraceno è anche un super nutriente: fornisce un apporto calorico equilibrato con una minore quantità di carboidrati per una maggiore di fibre ed è ricco di grassi insaturi, che, contrariamente a quelli saturi, non sono dannosi ma necessari per la nostra salute. Essendo un super nutriente, viene spesso utilizzato nelle diete dedicate agli sportivi ed è particolarmente indicato per le donne in stato interessante e le persone anziane. 

 

La pasta di grano saraceno

Nonostante il grano saraceno sia privo di glutine e quindi ideale per i celiaci, spesso la pasta di grano saraceno presente in commercio è integrata con semola di grano duro, poiché il grano saraceno non permette da solo una buona consistenza, elasticità e tenuta di cottura adatte per la pasta alimentare. Per chi necessita di seguire una dieta senza glutine, come i celiaci o gli intolleranti al glutine, esistono paste di grano saraceno a cui vengono addizionati sfarinati senza glutine che aiutano quindi a recuperare quelle qualità utili per la pasta.

La pasta di grano saraceno si presenta di colore scuro, tra il grigio e il marrone, con un sapore più aromatico, quasi nocciolato, che ricorda la frutta secca; dopo la cottura, risulta più al dente della pasta di grano duro.

 

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Come nasce la pasta secca? Ecco le 7 fasi del processo produttivo

La pasta secca è un prodotto alimentare estremamente semplice poiché composta da un impasto di acqua e semola di grano duro. Il processo produttivo, tuttavia, è articolato e complesso. L’impasto, infatti, attraversa ben 7 fasi di lavorazione, trasformandosi nel prodotto finale che tutti conosciamo e amiamo: la pasta.

 

7 fasi per la pasta perfetta

Si parte innanzitutto dalla fase di selezione, in cui vengono selezionate semole di grano duro di alta qualità in grado di regalare un gusto immediato e genuino. La qualità della semola viene definita dalle caratteristiche organolettiche, che considerano peso e presenza di impurità, e dalle caratteristiche chimico-fisiche, che comprendono dei valori di riferimento per le proteine, l’umidità e altri elementi. La selezione del frumento richiede grande impegno, concentrazione e una conoscenza approfondita dei vari tipi di grano, le proprietà e le caratteristiche: dopotutto, ogni varietà possiede caratteristiche diverse che daranno vita a prodotti diversi.

Si prosegue con la fase della macinazione, in cui il frumento viene trasportato e consegnato al mulino, il quale si occupa di setacciare, ripulire dalle impurità e macinare. Ma come avviene realmente la macinazione? Innanzitutto, dopo la consegna al mulino, il frumento viene analizzato sia dal punto di vista olfattivo, per eliminare prodotti con odori sospetti, sia dal punto di vista visivo, per analizzare i rimanenti corpi estranei. Successivamente si passa a delle analisi che riguardano il peso specifico e il livello qualitativo del grano: si misurano tali proprietà in base a delle scale di valori prestabilite. Dunque, i chicchi di grano vengono rotti e puliti degli strati più esterni passando attraverso una serie di macchinari: si ricava quindi l’endosperma, il “cuore” del chicco. A seguire, il prodotto viene setacciato per separare i prodotti intermedi che necessitano di una lavorazione ulteriore, mentre si macina nuovamente l’endosperma per ricavare la semola. 

Esistono due tipologie di macinazione: quella a pietra e quella a cilindri. Nella macinazione a pietra, la farina ottenuta è spesso integrale, di tipo “2” o di tipo “1”, poiché viene macinato il chicco intero; in più il prodotto presenta un’umidità inferiore rispetto alle farine ottenute con macina a cilindri. La macinazione a cilindri, invece, è effettuata da macchinari chiamati laminatoi che presentano all’interno dei cilindri rotanti in grado di lavorare sul grano in base a due funzioni: la funzione di rottura del chicco e la funzione di rimacina del prodotto. Tramite la macinazione a cilindri si ottengono farine più raffinate come quelle di tipo “0” e di tipo “00”.

Dopo aver ottenuto la semola, si può passare alla fase di impasto e gramolatura, la quale prevede di impastare la semola ottenuta con acqua all’interno di grandi vasche per un tempo che varia a seconda delle scelte produttive. In questa fase si forma il glutine dopo che le proteine e l’amido si legano alle molecole dell’acqua. La gramolatura, invece, è il diametro delle particelle in cui viene macinata la semola: una gramolatura grossa conferisce all’impasto un aspetto saldo e organico.

Nella fase successiva, quella della trafilatura, l’impasto assume l’aspetto vero e proprio della pasta: l’impasto attraversa la trafila che ne conferisce la forma desiderata. Alcuni coltelli, poi, tagliano la pasta alla lunghezza prescelta. Le trafile possono essere di teflon o di bronzo: la pasta che si ottiene dalla trafilatura in teflon è liscia, regge molto bene la cottura ma non si lega facilmente ai condimenti, mentre quella trafilata al bronzo si riconosce al tatto essendo ruvida e porosa, trattiene molto bene i condimenti, ma tende a soffrire la cottura, poiché assorbe più acqua.

La fase seguente, l'essiccamento, è una delle fasi più delicate dell’intero processo. Infatti, dopo la fase di trafilatura, la pasta contiene circa il 30% di acqua. Per rimuovere l’acqua in eccesso, quindi, viene riposta all’interno di essiccatori e viene ventilata ad aria calda in modo da raggiungere il valore di umidità massimo stabilito dalla legge italiana, il 12,5%. Il processo di essiccamento presenta cicli variabili a seconda del tipo di pasta: un ciclo lento a bassa temperatura prevede dalle 24 ore alle 72 ore ad una temperatura non superiore ai 40-50°C; un ciclo ad alta temperatura prevede dalle 8 ore alle 10 ore ad una temperatura non superiore ai 75-80°C; un ciclo ad altissima temperatura prevede 3-4 ore a temperature che superano anche i 100°C. Tra questi, un ciclo lento a bassa temperatura consente di produrre una pasta che mantiene le proprietà nutrizionali e organolettiche del grano: spesso infatti un ciclo del genere è utilizzato quando è presente un grano di ottima qualità.

Dopo la fase di essiccamento, subentra la fase del raffreddamento all’interno di raffreddatori appositi dove la pasta, dopo aver subito alte temperature, viene raffreddata e riportata a temperatura ambiente.

Il ciclo di produzione termina con la fase del confezionamento che ha il fine di presentare la pasta al consumatore tramite una confezione che riporti tutte le informazioni obbligatorie per legge, ma è anche utile al fine di difendere la pasta dalla contaminazione di agenti esterni.

 

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Storia della pasta: leggenda e realtà

Il piatto che unisce tutti gli italiani è sicuramente la pasta, ma come è diventata simbolo della cucina italiana? Non tutti sono a conoscenza delle origini di tale piatto. Questo fa sì che diversi attori nello scenario mondiale ne hanno reclamato la paternità nel corso della storia. 

 

La leggenda e Marco Polo

Chi non ha mai sentito parlare di come Marco Polo, dopo aver visitato la Cina, abbia scoperto un piatto simile alla pasta odierna e l’abbia poi introdotta in Italia al suo ritorno nel 1295 alzi la mano. D’altronde i noodles, piatto tipico dell’Oriente, ricordano molto la pasta nostrana in termini di impasto e, in termini di formato, i nostri spaghetti. Tuttavia, in Italia la pasta era già conosciuta da molto tempo prima del ritorno di Marco Polo. In realtà, la storia che lega il viaggiatore veneziano alla pasta è una leggenda creata nel secolo scorso dal Macaroni Journal, una rivista edita negli Stati Uniti d’America, per far conoscere la pasta ai consumatori americani, slegandola dalla tradizione dei ghetti italiani presenti nelle città statunitensi, e favorire i settori industriali impegnati con la coltivazione del frumento. Gli editori di tale rivista diedero una rivisitazione storica e fantasiosa di quanto Marco Polo descrisse ne Il Milione della farina di sago impiegata nel regno di Fansur, l’attuale Sumatra, isola in Indonesia. Da qui, la leggenda ebbe inizio.

 

Breve storia della pasta

La pasta ha origini antichissime: furono instaurate le basi di questo piatto sin nel periodo neolitico, quando l’uomo abbandonò lo stile di vita nomade e diventò sedentario, imparando a seminare, raccogliere, macinare il grano e a impastarlo con acqua. 

Le prime testimonianze si hanno in Magna Grecia durante la civiltà greca e in Etruria: la parola greca leganon (e successivamente la parola latina laganum) veniva usata per indicare un foglio piatto di pasta tagliato a strisce, mentre la parola etrusca makaria (o makaronia) si riferiva ad un cibo offerto durante le celebrazioni funebri. È inevitabile collegare questi due termini a delle parole di largo uso nel nostro vocabolario odierno: lasagna e maccherone. 

È nel 1154, tuttavia, che si ha la prima vera testimonianza della presenza della pasta, o meglio, di un formato di pasta: un geografo arabo annota nei suoi appunti di un cibo palermitano, ma distribuito in tutta la penisola, chiamato triyah: sono quelli che verranno poi conosciuti come vermicelli di Tria. La storia della pasta in Italia si lega, quindi, in modo indissolubile alla dominazione araba nel meridione: infatti, nei ricettari arabi del tempo si parla di un prodotto che si conserva del tempo, la pasta secca. 

Nei secoli successivi, la produzione della pasta subì importanti processi evolutivi, dal fiorire di nuovi formati all’introduzione di nuove tecnologie e metodi di produzione, macinazione e cottura. Fecero il loro ingresso in scena, dunque, paste forate e ripiene, ma soprattutto apparvero le prime botteghe professionali, prima in Sicilia, poi a Napoli, a Genova e infine in Puglia e in Toscana. In queste zone rimarrà forte la tradizione introdotta dagli arabi della pasta secca, mentre in Lombardia, in Emilia-Romagna e in Veneto rimarrà la tradizione della pasta fresca. 

Il consumo di massa della pasta avvenne intorno il 1600 durante una terribile carestia che colpì il Regno di Napoli durante la dominazione spagnola cui fecero rimedio i pastai napoletani inventando la gramola, il torchio e la trafila, favorendo una produzione di pasta più veloce e “industriale” e un largo consumo del prodotto.

 

E oggi?

Ad oggi, secondo Coldiretti, il 25% della pasta consumata a livello mondiale è prodotta in Italia. I consumi mondiali degli ultimi anni di questo prodotto sono aumentati di circa 7 milioni di tonnellate in più rispetto dieci anni fa. Di questi, l’Italia ha prodotto 4 milioni di tonnellate annue: il 38% di pasta italiana è stata destinata al mercato interno, mentre il restante 62% è prodotto per l’export. I maggiori consumatori di pasta al mondo, non deve sorprendere, siamo noi italiani con un consumo pro capite di 23,5 chilogrammi a testa. Subito dopo gli italiani figurano i dati della Tunisia, con un consumo pro capite di 17 chilogrammi, Venezuela, con 15 chilogrammi, Grecia, con 12 chilogrammi, Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina (8,7 kg) e Turchia (8,7 kg). 

 

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La pasta del sorriso: la ricerca IULM

Hai mai provato una strana felicità mentre mangiavi un gustoso piatto di pasta? Se la risposta è sì e ti sei sempre chiesto il perché, uno studio scientifico finalmente ti saprà dare la risposta che cerchi.

 

Lo studio del Behaviour and Brain Lab

ll centro di ricerca della Libera Università di lingue e comunicazione IULM che si occupa di studiare le neuroscienze e le tecniche di neuromarketing, il “Behaviour and Brain Lab”, ha condotto, per l’Unione Italiana Food, un’indagine su quali emozioni suscita in noi un bel piatto di pasta.

La ricerca è stata condotta su 20 uomini e 20 donne, tra i 25 e i 55 anni, senza intolleranze o allergie alimentari. I ricercatori hanno usato una tecnica simile a quella della macchina della verità, il brain tracking, e hanno analizzato le espressioni del viso, le micro sudorazioni, le attivazioni di determinate zone cerebrali collegate alle emozioni e le variazioni del battito cardiaco per stabilire quali emozioni scaturisce l’assaggio di un piatto di pasta e in che grado emergono, ponendole in relazione alle emozioni provocate da altre attività preferite come l’ascolto di una musica accattivante o il seguire una trasmissione sportiva coinvolgente. 

I risultati parlano, dunque, chiaro: quando mangiamo un piatto di pasta determinate zone del cervello si attivano suggerendo lo scatenarsi di emozioni positive e accendendo ricordi felici a noi cari, spesso legati all’infanzia e al clima familiare che si respirava durante i pasti. In alcuni casi, le emozioni positive scaturite dall’assaggio della pasta risultano in numero e in grado maggiori rispetto quelle registrate dall’ascolto di musica e dal guardare sport. 

 

La chimica della felicità

Avevamo, però, già i nostri sospetti che la pasta fosse fonte di felicità

I carboidrati sono composti chimici organici fatti di zucchero che donano al nostro organismo grandi quantità di energia. Lo zucchero, infatti, ci rende attivi ed energetici e stimola la produzione di endorfine, le quali indicano una sensazione di benessere. Il nostro organismo, inoltre, ricorda il benessere provocato dall’assunzione di questo tipo di molecola e manda un segnale al nostro sistema nervoso quando ne ha il desiderio.

Inoltre, la pasta, come carboidrato complesso, contiene triptofano e vitamine del gruppo B. Il triptofano è un amminoacido che interviene nella sintesi della serotonina che tutti conosciamo come l’elisir che regola il (buon)umore. La serotonina, inoltre, viene stimolata anche dalle vitamine del gruppo B, in particolar modo la vitamina B1, presente in gran quantità nella pasta e in quantità ancora maggiore nella pasta integrale.

 

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Pastest: dimmi in quale regione d’Italia vivi e ti dirò che pasta mangi

Ad oggi esistono oltre 300 tipi di pasta in Italia e di tanto in tanto ne nascono di nuovi. 

Le lasagne e gli spaghetti sono ormai formati famosi in tutto il mondo, ma sapevi che ogni regione d’Italia ha una (o più!) tipologia di pasta che la rappresenta? 

Scopri quante ne conosci!

 

Non solo polenta

La pasta valdostana è rappresentata dai Chnéffléne, un tipo di gnocchetti preparati con un impasto di farina e uova, "grattugiato" direttamente nell’acqua portata a bollore. Sono serviti in modo decisamente montanaro: con burro e cipolla, con panna e speck o accompagnati da una fonduta. È un piatto, quindi, di stampo germanico in quanto venne importato dal popolo dei Walser, stabiliti tra il XII e il XIII secolo nella vallata di Gressoney.

I piemontesi, invece, adorano gli agnolotti, specialmente nella zona di Monferrato, situata tra le province di Alessandria e Asti. Si tratta di una sfoglia di pasta all’uovo a forma di quadrato ripiena di carne mista arrosto di maiale, coniglio e vitello, mescolato a verdure come scarola, bietola, cavolo e spinaci, serviti in brodo o con ragù di carne. Tradizionalmente, gli agnolotti si servivano dopo le feste, sfruttando gli avanzi dei giorni di festa.

In Liguria fanno da regine le trofie, una tipologia di pasta artigianale sottile e arricciata, servite con il classico pesto al basilico. Alcune ricette prevedono che le trofie vengano bollite e servite anche con patate e fagiolini novelli.

Nella zona della valtellina lombarda si possono assaggiare i buonissimi pizzoccheri di Teglio, una tipologia di pasta lunga simile alle tagliatelle, preparate con farina di grano saraceno. Spesso sono preparate cuocendo insieme verza e patate e condite con burro fuso all’aglio e con un formaggio di latte vaccino, il Casera. 

Originari della tradizione contadina della Baviera, si diffusero poi nel Trentino Alto Adige i canederli, una tipologia di gnocchi di pane, precedentemente ammollato nel latte, farina e uova, a cui si aggiungono spezie, aromi, speck e formaggi. Sono serviti in brodo, con burro fuso ed erba cipollina, sugo di funghi e speck o panna e parmigiano.

Particolarissimi sono i cjarsons, tipici della cucina friulana. Sono farciti di un ripieno dolce e salato: uva passa, cioccolato fondente o cacao, cannella, marmellata, biscotti secchi sono legati a spinaci, erba cipollina, ricotta, rum, grappa, prezzemolo, uova e latte. Essendo così carichi di diversi sapori, sono serviti in modo semplice con ricotta affumicata o burro fuso con cannella.

I bigoli veneti, invece, sono una pasta lunga simili agli spaghetti, risalenti fino al periodo del Rinascimento. Sono di superficie ruvida, ideale per trattenere i sughi e i condimenti: tipici sono la salsa di pomodoro, il ragù d’anatra o di oca e le acciughe.

Sarebbe impossibile scegliere una pasta rappresentativa dell’Emilia-Romagna: tra cappelletti, tortellini, strozzapreti, passatelli e tagliatelle c’è davvero l’imbarazzo della scelta. La pasta ripiena è davvero amata in questa regione, ma quella famosa internazionalmente è una sfoglia di pasta fresca: è proprio lei, la lasagna. Poste una sopra l’altra in una teglia o una pirofila con il condimento tra una sfoglia e l’altra vengono cotte al forno. La tradizionale versione è quella con il ragù di carne, alla bolognese, ma esistono tante altre versioni: ai funghi, al pesto, ai carciofi.

 

Quale pasta è originaria del Centro Italia?

Di origine etrusca, i pici sono consumati largamente in Toscana. Nella zona di Montepulciano sono conditi con mollica di pane, aglio e peperoncino mentre, nel resto della regione vengono serviti con spicchi d’aglio, pomodori, olio e peperoncino. 

I maccheroncini di Campofilone sono tradizionali spaghetti di forma quadrata marchigiani, ottenuti da una sfoglia molto sottile preparata con uova e semola di grano duro. La sfoglia è così sottile che è possibile cuocerli in acqua bollente per un minuto o direttamente nel condimento. Si servono, quindi, con un sugo di pomodoro con salsiccia, spezzatino e macinato di manzo e pecorino grattugiato. 

Un altro tipo di pasta lunga è largamente conosciuta nell’Umbria: gli strangozzi. Originari della cucina povera, venivano preparati per le feste più importanti. Sono spesso conditi con sugo piccante o di carne, con sugo di pomodoro e prezzemolo, con tartufo nero, con salsiccia, con asparagi o con funghi porcini.

Chi non ha mai sentito parlare dei bucatini come pasta laziale alzi la mano. Si tratta di spaghetti spessi e bucati all’interno, da qui il loro nome. Tutti conoscono i bucatini all’amatriciana, ovvero il condimento a base di sugo di pomodoro e guanciale, originario della città di Amatrice, ma sono ugualmente famosi quelli alla carbonara, con guanciale e uova crude mescolate a pepe e pecorino romano, e quelli alla cacio e pepe, con pecorino romano e pepe.

I malloreddus, tipicamente sardi, erano anticamente preparati in occasione delle feste e oggi, tradizionalmente, vengono conditi con sugo di pomodoro e salsiccia e una spolverata di pecorino sardo fresco.

 

La tradizione dell’Italia meridionale

Tipicamente abruzzesi sono i maccheroni alla chitarra, una variante di spaghetti spessi ottenuti lavorando la sfoglia di uova e farina sulla chitarra, un telaio in legno di faggio. Essendo porosi si legano molto bene a condimenti ricchissimi, come i ragù di carne di agnello, accompagnati da polpette di carne fritta con peperoncino e formaggio.

I cavatelli fanno parte della tradizione culinaria molisana, ma sono diventati conosciuti in tutta la penisola per la loro forma allungata e l’incavatura centrale. Vengono serviti con ragù di carne o accompagnati con verdure.

La pasta in Campania è una cosa seria: famosissimi sono i paccheri, originari della zona di Gragnano. Sono un formato, che grazie alla larga cavità e la superficie liscia, ma porosa, accoglie condimenti ricchi come i sughi. 

Simili ai cavatelli, ma con una consistenza larga e spessa sono gli strascinati, tipici della zona lucana. Accompagnati con i peperoni cruschi locali, con rape, con sugo di pomodoro e ricotta di pecora, con salsiccia o con pecorino e peperoncino, sono il piatto simbolo della Basilicata.

Passeggiando tra le strade della parte vecchia del capoluogo barese si incontreranno delle simpatiche donne che preparano le tradizionali orecchiette pugliesi. Si servono con le cime di rapa, un sugo di pomodoro, la ricotta o con la carne. 

Formato di pasta tipico della Calabria sono, invece, i fileja: bucatini cavi che accolgono i condimenti più piccanti della regione. Si servono, infatti, con una salsa di salsiccia piccante e finocchietto o con l’anduja.

Risalenti fin dall’epoca medioevale, gli anelletti sono diffusi principalmente nel palermitano. Somigliano a piccole ciambelline, il cui buco consente loro di catturare il condimento. Spesso sono preparati passandoli in forno, con ragù di carne e piselli, ma anche prosciutto, uova, mozzarella o pecorino.

 

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6 metodi per cuocere la pasta

In Italia cuocere la pasta è un atto sacro, un rito che si tramanda di generazione in generazione, con tanto di indicazioni e regole su cosa fare e su cosa non fare. 

Tra metodologie più “classiche” e tradizionali e metodologie innovative, dettate da nuove esigenze, ecco le 6 più famose.

 

Cottura tradizionale

Il metodo più diffuso è, ovviamente, quello della pasta lessata. Le regole che ci vengono tramandate dai nonni prevedono di aggiungere almeno 1L di acqua per ogni etto di pasta, affinchè non venga rilasciato troppo amido, ma anche per non sprecare troppa acqua, e 5-7 grammi di sale per ogni litro di acqua da aggiungere a momento di ebollizione, e non prima, in modo tale da non tardare l’ebollizione. È sempre bene, inoltre, apporre il coperchio sulla pentola contenente l’acqua che bolle per cuocere la pasta: ricordandosi di farlo quotidianamente si può anche risparmiare sui consumi energetici e limitare il rilascio di CO2 nell’aria. La cottura della pasta dev’essere, infine, rigorosamente al dente e non è solo una questione di gusti: la cottura al dente, infatti, è preferibile anche per la salute del nostro organismo poiché rende la pasta più digeribile e incide in modo minore sull’indice glicemico.

 

Contro il caro energia

Con l’aumento delle bollette del gas molti si sono dilettati in nuove metodologie per abbattere i costi, anche nelle piccole azioni quotidiane. È il caso della cottura passiva della pasta, che prevede, dopo aver portato a bollore l’acqua necessaria alla cottura e aver gettato la pasta, spegnere il fornello e lasciare che la pasta cuocia lentamente. Un’eresia degna di revoca immediata della cittadinanza italiana per molti. Eppure, è una metodologia che, scientificamente parlando, funziona e non cambia il gusto. Teniamo a mente che l’acqua non bolle a 100°C ovunque: il punto di ebollizione in montagna si attesta intorno ai 93°C, diversamente da quello che tutti conosciamo a livello del mare. Questo suggerisce che la pasta cuocia in acqua anche a temperature minori di 100°C. Ha senso quindi spegnere il fornello e portare in cottura la pasta in acqua bollente che lentamente va raffreddandosi, tagliando notevolmente i costi del gas. Fondamentale, come ci ricorda il premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi, è l’uso del coperchio per mantenere il calore e uniformare la cottura della pasta, che avverrà con qualche minuto in più rispetto al tempo indicato sulla confezione. 

 

Usa una pentola a pressione

Per cuocere passivamente la pasta si può anche utilizzare una pentola a pressione che presenta due importanti vantaggi: abbatte ulteriormente i costi energetici e il quantitativo d’acqua e riduce i tempi di cottura. Mediamente, infatti, il risparmio energetico si attesta intorno all’80%, toccando anche picchi dell’88%, mentre per cuocere 100 grammi di pasta sono necessari solo 0,2 litri di acqua, rispetto al litro di acqua necessario nella cottura tradizionale.

 

Tradizione e innovazione: forno e forno a microonde 

In alcune ricette tradizionali, la pasta viene cotta direttamente nel forno, senza passare dalla bollitura in acqua, in altre si cuoce la pasta in pentola, si scola al dente e la si ripassa al forno per un’ultima cottura. E, per riciclare gli avanzi, quando rimane la pasta del giorno precedente si ripassa al forno. La cottura al forno, dona croccantezza e un nuovo sapore alla pasta ed è tradizionalmente impiegata in numerose ricette. Se la cottura in forno fa parte dei metodi tradizionali per cuocere la pasta, poco tradizionale e totalmente innovativa è, invece, la cottura nel forno a microonde. In un cuocipasta per microonde, si immergono 100 grammi di pasta in mezzo litro d’acqua, si aggiunge il sale e si inserisce, senza coperchio, nel forno a microonde per il tempo indicato sulla confezione. Questo tipo di cottura è adatto per chi va di fretta e non compromette in nessun modo il gusto: infatti, non portando l’acqua in ebollizione in pentola si risparmiano dai 10 ai 15 minuti!

 

Come se fosse un risotto

Hai mai provato a risottare la pasta? Questo metodo di cottura ha numerosi vantaggi: innanzitutto, evita lo spreco di acqua, eccessivo nella cottura tradizionale; l’amido non si disperde nell’acqua e dona alla pasta una consistenza cremosa e addensata; permette di utilizzare solo una pentola e quindi un solo fornello facendo risparmiare su gas e corrente; fa risparmiare anche tempo; il sapore e i nutrienti vengono mantenuti in ogni caso. Come procedere? Basta preparare un soffritto, o in alternativa riscaldare in una pentola solo acqua salata e un filo d’olio per aggiungere ad altri condimenti più elaborati, e aggiungere mano a mano e lentamente un bicchiere d’acqua a temperatura ambiente che, portato subito in ebollizione, cuocerà la pasta in maniera uniforme. Il risultato sarà una buonissima pasta cremosa e cotta a puntino.

 

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