Pubblicato il: 03-10-2023

Il piatto che unisce tutti gli italiani è sicuramente la pasta, ma come è diventata simbolo della cucina italiana? Non tutti sono a conoscenza delle origini di tale piatto. Questo fa sì che diversi attori nello scenario mondiale ne hanno reclamato la paternità nel corso della storia. 

 

La leggenda e Marco Polo

Chi non ha mai sentito parlare di come Marco Polo, dopo aver visitato la Cina, abbia scoperto un piatto simile alla pasta odierna e l’abbia poi introdotta in Italia al suo ritorno nel 1295 alzi la mano. D’altronde i noodles, piatto tipico dell’Oriente, ricordano molto la pasta nostrana in termini di impasto e, in termini di formato, i nostri spaghetti. Tuttavia, in Italia la pasta era già conosciuta da molto tempo prima del ritorno di Marco Polo. In realtà, la storia che lega il viaggiatore veneziano alla pasta è una leggenda creata nel secolo scorso dal Macaroni Journal, una rivista edita negli Stati Uniti d’America, per far conoscere la pasta ai consumatori americani, slegandola dalla tradizione dei ghetti italiani presenti nelle città statunitensi, e favorire i settori industriali impegnati con la coltivazione del frumento. Gli editori di tale rivista diedero una rivisitazione storica e fantasiosa di quanto Marco Polo descrisse ne Il Milione della farina di sago impiegata nel regno di Fansur, l’attuale Sumatra, isola in Indonesia. Da qui, la leggenda ebbe inizio.

 

Breve storia della pasta

La pasta ha origini antichissime: furono instaurate le basi di questo piatto sin nel periodo neolitico, quando l’uomo abbandonò lo stile di vita nomade e diventò sedentario, imparando a seminare, raccogliere, macinare il grano e a impastarlo con acqua. 

Le prime testimonianze si hanno in Magna Grecia durante la civiltà greca e in Etruria: la parola greca leganon (e successivamente la parola latina laganum) veniva usata per indicare un foglio piatto di pasta tagliato a strisce, mentre la parola etrusca makaria (o makaronia) si riferiva ad un cibo offerto durante le celebrazioni funebri. È inevitabile collegare questi due termini a delle parole di largo uso nel nostro vocabolario odierno: lasagna e maccherone. 

È nel 1154, tuttavia, che si ha la prima vera testimonianza della presenza della pasta, o meglio, di un formato di pasta: un geografo arabo annota nei suoi appunti di un cibo palermitano, ma distribuito in tutta la penisola, chiamato triyah: sono quelli che verranno poi conosciuti come vermicelli di Tria. La storia della pasta in Italia si lega, quindi, in modo indissolubile alla dominazione araba nel meridione: infatti, nei ricettari arabi del tempo si parla di un prodotto che si conserva del tempo, la pasta secca. 

Nei secoli successivi, la produzione della pasta subì importanti processi evolutivi, dal fiorire di nuovi formati all’introduzione di nuove tecnologie e metodi di produzione, macinazione e cottura. Fecero il loro ingresso in scena, dunque, paste forate e ripiene, ma soprattutto apparvero le prime botteghe professionali, prima in Sicilia, poi a Napoli, a Genova e infine in Puglia e in Toscana. In queste zone rimarrà forte la tradizione introdotta dagli arabi della pasta secca, mentre in Lombardia, in Emilia-Romagna e in Veneto rimarrà la tradizione della pasta fresca. 

Il consumo di massa della pasta avvenne intorno il 1600 durante una terribile carestia che colpì il Regno di Napoli durante la dominazione spagnola cui fecero rimedio i pastai napoletani inventando la gramola, il torchio e la trafila, favorendo una produzione di pasta più veloce e “industriale” e un largo consumo del prodotto.

 

E oggi?

Ad oggi, secondo Coldiretti, il 25% della pasta consumata a livello mondiale è prodotta in Italia. I consumi mondiali degli ultimi anni di questo prodotto sono aumentati di circa 7 milioni di tonnellate in più rispetto dieci anni fa. Di questi, l’Italia ha prodotto 4 milioni di tonnellate annue: il 38% di pasta italiana è stata destinata al mercato interno, mentre il restante 62% è prodotto per l’export. I maggiori consumatori di pasta al mondo, non deve sorprendere, siamo noi italiani con un consumo pro capite di 23,5 chilogrammi a testa. Subito dopo gli italiani figurano i dati della Tunisia, con un consumo pro capite di 17 chilogrammi, Venezuela, con 15 chilogrammi, Grecia, con 12 chilogrammi, Cile (9,4 kg), Stati Uniti (8,8 kg), Argentina (8,7 kg) e Turchia (8,7 kg). 

 

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