La tradizione spesso insegna a recuperare gli scarti e a utilizzarli in nuovi modi originali, aiutando così a combattere lo spreco alimentare e a mantenere contenuta la spesa. È quello che è successo nel caso del grano arso, diventato oggi prodotto simbolo della tradizione contadina.
Il grano arso, proveniente dalla zona del Tavoliere pugliese, ha origini nella seconda metà dell’Ottocento. I braccianti che raccoglievano i chicchi di frumento rimasti a terra dopo la bruciatura della stoppa in seguito alla mietitura del grano, solevano mescolare la semola ricavata dalla macinazione di questi chicchi bruciati con la semola bianca, normale, producendo nuovi prodotti, tra cui il pane e la pasta. Il gusto era ovviamente diverso, leggermente amarognolo, provocato dalla bruciatura dei chicchi, ma divenne un segno distintivo di questa tradizione contadina.
Oggi, la semola di grano arso è prodotta con la tostatura del grano o con uno speciale metodo di bruciatura che elimina la parte bruciata del chicco, la crusca, e lo ripulisce dalla fuliggine, poiché la bruciatura dei chicchi di grano è considerata dannosa per la salute, in quanto viene rilasciata l'acrilamide, una sostanza potenzialmente cancerogena.
Il gusto dei prodotti al grano arso è inconfondibile: li contraddistingue un sapore tostato, nocciolato e amarognolo. La semola di grano arso è una semola integrale che contiene una piccola percentuale di glutine, adatta anche ai leggermente intolleranti, ma non ai celiaci. Rispetto alla semola bianca, la semola di grano arso contiene un maggior contenuto proteico, di sali minerali e di carboidrati semi-fermentati e un minor quantitativo di acqua e un ph inferiore.
Riscopri la tradizione con la pasta di grano arso di Mulinio.it.
Da qualche anno impazza nella cucina di molti la farina di Kamut, misterioso cereale dalle origini antichissime. Forse non tutti sanno però che Kamut è un nome usato in maniera impropria: Kamut®, infatti, non si riferisce ad una specifica varietà di grano, ma si tratta di un marchio registrato statunitense, la International Kamut, che ha attuato un piano di commercializzazione del termine su una specifica qualità di grano Khorasan.
Il vero nome del cereale è, dunque, grano Khorasan (conosciuto anche come grano turanicum o frumento orientale) e deriva dalla regione nordorientale dell’Iran del medesimo nome.
Il grano Khorasan è annoverato tra i grani antichi, tipologie di grani che venivano coltivati nel passato e sono stati dimenticati per un lungo periodo di tempo, riscoperti solamente nell’epoca contemporanea. Si tratta, quindi, di varietà di frumento non modificate dall’uomo con prodotti chimici e dalle moderne tecniche di agricoltura.
Veniva coltivato già nell’antico Egitto, seimila anni fa, ma la sua terra d’origine è la zona mediorientale, dove anticamente sorgeva la cosiddetta “Mezzaluna fertile”. Per questo è un grano che si adatta facilmente a climi aridi, non temendo la siccità. È una pianta molto resistente, non solo poiché alta e robusta, ma anche perché non teme parassiti ed altri agenti infestanti.
Considerato come uno dei cereali più ricchi e completi, il grano Khorasan è costituito per circa il 70% da carboidrati e per circa il 15% da proteine. È inoltre ricco di grassi che lo rendono un tipo di cereale particolarmente proteico e ad alto contenuto energetico poiché consente un rilascio lento e graduale degli zuccheri nel sangue, fornendo energia nel lungo periodo: è adatto, perciò, agli sportivi o a chi conduce una vita particolarmente attiva.
Sono presenti diversi minerali, tra cui calcio, ferro, fosforo, magnesio, manganese, potassio e selenio, e alcune vitamine come la vitamina E e quelle del gruppo B, in particolare B1, B3 e B6. Grazie alla presenza di queste sostanze, il grano Khorasan risulta antiossidante, energizzante, altamente digeribile e aiuta la motilità intestinale.
Scopri e gusta la pasta al grano Khorasan su Mulinio.it.
Nel corso degli anni una moltitudine di “diete” e consigli alimentari, più o meno scientifici, hanno visto la luce tra i blog più accreditati e le riviste più famose. Tuttavia, la dieta mediterranea è, tra queste, quella dieta costante e sempreverde, scientificamente provata essere salutare e la più amata in Italia.
Più di un semplice elenco di alimenti da consumare, la dieta mediterranea è uno stile di vita e un modello alimentare ben conosciuto nella penisola, coronata nel 2010 come Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. Si basa, infatti, sulle abitudini alimentari e sui prodotti locali presenti nei Paesi che si affacciano sul Mediterrano, quali la Spagna, la Grecia e l’Italia meridionale.
Gli studi che hanno coronato la dieta mediterranea come dieta “perfetta” risalgono agli anni ‘60 quando il fisiologo statunitense Ancel Keys mise a confronto sette varietà di alimentazioni mondiali provenienti da Stati uniti, Italia, Finlandia, Grecia, Jugoslavia, Paesi Bassi e Giappone per poterne analizzare proprietà, benefici e criticità.
Dal confronto si evinse che le abitudini alimentari adottate nel bacino del Mediterraneo comportavano minori problemi e complicanze cardiovascolari.
Studi successivi hanno poi confermato e ampliato i benefici: la dieta mediterranea previene l’insorgere di altre malattie croniche e l’incidenza di tumori, attestandosi come “elisir di lunga vita”.
Il funzionamento della dieta mediterranea dipende dalla sinergia e dal comportamento simbiotico dei vari agenti presenti al suo interno. Può essere vista come un’indicazione di quali alimenti consumare su base giornaliera, settimanale e mensile e delle quantità consigliate. Per questo è stato ideato nel tempo uno schema, chiamato piramide alimentare, che riassuma in maniera indicativa le prescrizioni della dieta mediterranea.
Partendo dall’apice della piramide, vengono inseriti gli alimenti che è consigliabile consumare su base mensile come ad esempio carni rosse, vino e dolci. Nella parte centrale della piramide figurano gli alimenti da consumare su base settimanale come pesce, carni bianche, patate e uova. Infine, alla base della piramide, si trovano gli alimenti da consumare giornalmente: frutta, verdura, legumi, latte e derivati, olio d’oliva e cereali, con i suoi derivati.
La pasta, dunque, rientra tra quegli alimenti che nella dieta mediterranea ricoprono un ruolo fondamentale, essendo un derivato dal cereale del grano. Infatti, la pasta ha davvero tanti benefici e proprietà nutrizionali: contiene vitamine, soprattutto la vitamina E e le vitamine del gruppo B, sali minerali, fibre e proteine vegetali che aiutano in tanti modi diversi il nostro organismo. Inoltre, ha un elevato potere saziante che consente di non oltrepassare la quantità raccomandata ed evitare le abbuffate: proprio per questo la convinzione che la pasta faccia ingrassare non ha alcun fondamento!
Secondo le indicazioni della dieta mediterranea i cereali integrali sono ottimi per la nostra salute. Dunque, tra le tipologie di pasta da privilegiare, è bene ricordare la pasta integrale, ottenuta da farine non raffinate. Infatti, rispetto alla pasta di grano duro, la pasta integrale contiene un contenuto di fibre più alto, presenta un indice glicemico più basso, poco sodio ed è ricchissima di vitamine del gruppo B.
Segui una corretta alimentazione con la pasta di Mulinio.it.
La pasta, o pasta alimentare, è il primo piatto per eccellenza in Italia. Internazionalmente riconosciuta come biglietto da visita di italianità, è largamente consumata non solo nei confini nazionali, ma anche all’estero. Non tutti sanno che, però, esistono diverse tipologie di pasta e diversi gradi di classificazione.
Una prima distinzione importante da sottolineare è la differenza tra la pasta fresca e la pasta secca. Secondo la legislazione italiana (L. 580/67 e L. 440/71), la pasta secca prodotta in Italia è composta da acqua e semole o semolati di farine di grano duro, mentre per la pasta fresca sono ammesse anche le farine di grano tenero.
Facciamo un passo indietro: che differenza c’è tra grano duro e grano tenero? E tra semola e farina? Il grano duro, o triticum turgidum, e il grano tenero, o triticum aestivum, sono due specie vegetali simili, ma distinte, facenti entrambe parte della famiglia delle graminacee. Le spighe di grano duro presentano una parte finale che può arrivare a misurare anche 20 cm, mentre quelle di grano tenero non presentano questa parte finale o, se ne sono in possesso, tale parte misura tra i 3 e gli 8 centimetri.
Dalla macinazione del grano tenero si ottiene dunque la farina, mentre dalla macinazione del grano duro si ottiene la semola; estraendo poi la semola si ottiene il semolato. Secondo quanto prevede il DPR 187/2001, invece, la pasta prodotta interamente o in parte con farine di grano tenero in altri Paesi, venduta in Italia, deve riportare delle determinate denominazioni tra cui: pasta di farina di grano tenero (100%); pasta di farina di grano tenero e semola di grano duro; pasta di semola di grano duro e farina di grano tenero; pasta di semola integrale di grano duro; reimpiego di parti di prodotto provenienti dal ciclo produttivo nello stesso stabilimento.
La differenza più evidente al consumatore, tuttavia, riguarda la conservazione: la pasta fresca è un prodotto con un alto tasso di umidità, che si attesta sotto il 30%, va conservata in frigo tra i 2 e i 4 gradi Celsius e consumata entro pochi giorni dall'acquisto per le paste artigianali, mentre entro 180 giorni per quelle industriali; la pasta secca, invece, è un prodotto che contiene un tasso di umidità inferiore al 12,5% che consente una conservazione più lunga, anche di qualche anno, e a temperature più elevate e ambiente.
Le possibili classificazioni non si limitano solo alla pasta secca e a quella fresca: si tratta di un mondo vario e ampissimo. Si possono, infatti, classificare le paste alimentari in base alla presenza di altri ingredienti. È il caso della pasta speciale, ottenuta, quindi, aggiungendo all’impasto degli ingredienti che impartiscono colori e sapori caratteristici: si pensi allo zenzero, alla curcuma, alle spezie in generale, ma anche agli estratti di spinaci, di pomodoro, di funghi. Tali ingredienti devono essere presenti nella lista degli ingredienti, ma anche in etichetta nella denominazione: ad esempio nel caso di una pasta a cui è stato aggiunto un estratto di spinaci, tale pasta sarà denominata “pasta agli spinaci”. Nel caso di pasta secca, gli ingredienti saranno aggiunti alla semola, mentre per la pasta fresca alla farina. Rientrano nelle paste speciali anche i vari tipi di pasta funzionale, ovvero con la presenza di ingredienti che, consumati regolarmente, possono donare benefici per la salute, ad esempio le paste proteiche ai legumi, così come le paste ottenute da cereali diversi dal grano, come l’orzo, il riso, il mais, o da pseudocereali.
Un impasto ottenuto con acqua e semola integrale di grano duro, invece, denota la pasta integrale. La semola integrale è ottenuta dal seme intero del grano: ne conserva le fibre, vitamine, sali minerali, proteine e grassi.
Nel caso in cui, invece, siano state aggiunte almeno quattro uova per chilogrammo all’impasto di semola, la pasta assume la denominazione di “pasta all’uovo”. L’impiego di uova è possibile anche nella pasta fresca, ma la denominazione sarà diversa: sarà conosciuta come “pasta fresca all’uovo”.
La pasta senza glutine, o aglutinica, presenta nell’impasto solo farine gluten-free, come ad esempio le farine di mais e di riso. Poiché non vi è glutine e in assenza della sua funzione agglutinante, possono essere aggiunti ingredienti che permettono un miglioramento della consistenza e della struttura della pasta, come le proteine delle uova, del latte, dei legumi ed emulsionanti.
Scopri il vasto catalogo di Mulinio.it: include tutte le tipologie di pasta secca presenti sul territorio nazionale!